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Mercati sotto pressione: i segnali da non ignorare
Il paradosso di questa settimana è che i mercati hanno reagito più al cambio di narrativa che ai numeri in sé. Il filo conduttore è chiaro: Stati Uniti in stagflazione “soft” (crescita che sfuma, prezzi ancora appiccicosi), Europa che respira ma resta fragile, Canada in deterioramento ciclico e pronto al taglio, Giappone in normalizzazione graduale con prezzi all’ingrosso in rialzo, Cina che non cade ma non decolla. Sullo sfondo, l’oro segna nuovi massimi storici e gli energy restano compressi tra surplus d’offerta e geopolitica.
USA — La settimana che ha rimesso la Fed sotto i riflettori
Il messaggio dei dati è coerente: inflazione headline +0,4% m/m e +2,9% a/a ad agosto, core a +3,1% a/a, abbastanza “calda” da sconsigliare euforia ma non al punto da impedire un primo taglio se il lavoro continua a perdere slancio. Le revisioni BLS hanno abbassato di –911mila i posti creati fra marzo 2024 e marzo 2025: non è la fine del mondo, ma basta per abbassare il volume alla narrativa del “mercato del lavoro granitico”. Il Beige Book fotografa un’economia di “crescita nulla o modesta” con pressioni di costo legate ai dazi che filtrano a valle: meno assunzioni, consumatori più guardinghi. Tradotto in linguaggio mercato: duration meno sotto assedio, dollaro con vento contrario e gold bid.
Un tassello rilevante sono i servizi ISM: headline 52,0 (massimo di sei mesi), nuovi ordini 56,0 (massimo di undici mesi), occupazione 46,5 (ancora in contrazione) e prezzi 69,2 (elevati ma in lieve calo). È lo storyboard di una domanda che tiene, aziende caute sul lavoro e pressioni prezzo ancora alte nel terziario: combinazione che giustifica un primo taglio, non un ciclo aggressivo.
Sul piano dei prezzi degli asset, la variabile più eloquente è l’oro: nuovo record in area 3.63–3.67k $/oz con attese di cut Fed e dollaro più debole. L’asset “senza cedola” beneficia quando i tassi reali scendono e crescono i dubbi su sostenibilità del debito e indipendenza della banca centrale; il metallo giallo è il rifugio “non di nessuno” in un mondo di tariffe e geopolitica capricciosa.
Tariffe: chi paga davvero?
La letteratura 2018–19 mostrava pass-through quasi completo ai prezzi d’import (quindi onere su importatori/consumatori USA). Evidenze più recenti su questo nuovo ciclo di tariffe segnalano una ripartizione asimmetrica: 10–15% assorbito dagli esportatori esteri, ~25–30% dai consumatori, il grosso sulle imprese USA (margini compressi). Il Beige Book conferma che molte aziende hanno trasferito almeno in parte i rincari ai clienti. Effetto macro: prezzi al dettaglio più testardi, domanda che scivola dalle spese discrezionali, e una Fed costretta a bilanciare crescita e inflazione.
Europa — Stabilità apparente, politica rumorosa
La BCE ha lasciato i tassi invariati (deposito 2%), riaffermando l’approccio meeting-by-meeting. Il messaggio implicito: il ciclo di tagli avviato nel 2024 è alla fine o quasi, con inflazione proiettata 2,1% (2025), 1,7% (2026), 1,9% (2027) e crescita 2025 ritoccata al rialzo. Questo “good place” ha un grande “ma”: la politica francese. La caduta del governo Bayrou e la nomina di Sébastien Lecornu hanno innescato un evento storico: i rendimenti decennali francesi sopra quelli italiani, segnale di sfiducia sulla traiettoria fiscale e istituzionale di Parigi. Eppure, sui cross-asset l’impatto resta contenuto: l’euro si muove principalmente in base ai differenziali con la Fed.
Sul fronte congiunturale, ad agosto il manifatturiero dell’eurozona è tornato sopra 50 per la prima volta dal 2022: non è boom, ma è un turning point ciclico. La spinta è domestica, mentre l’export soffre ancora; servizi poco sopra 50. È un quadro compatibile con rendimenti core in lieve calo a fronte di un euro mediamente più tonico se la Fed allenta. Rischi? Dazi statunitensi (auto, metalli, chimica) e frammentazione politica.
Canada — “Cartina di tornasole” nordamericana
Il mercato del lavoro ha sorpreso al ribasso: –65,5k ad agosto, disoccupazione al 7,1% (massimo ex-pandemia). Il PIL del 2° trimestre si è contratto –1,6% annualizzato. La fotografia è quella di un ciclo che perde quota tra tariffe USA, export fiacco e investimenti aziendali prudenti. Il consenso punta su un taglio BoC il 17/9 (25 pb) e almeno un altro entro fine anno; il CAD resta vulnerabile nei cross, specie se il petrolio naviga in range.
Giappone — Normalizzazione con cautela
Il PIL 2° trimestre è stato rivisto a +0,5% t/t (2,2% annualizzato) grazie a consumi un po’ più solidi. La CGPI (prezzi all’ingrosso) accelera a +2,7% a/a ad agosto, coerente con un’inflazione “sticky” lato imprese. La BoJ (18–19/9) resta l’appuntamento chiave: il mercato sconta un passo di normalizzazione graduale, con attenzione a guidance, bilancio e (nel tempo) gestione degli ETF. Sul FX, lo spread Fed/BoJ resta il driver tattico.
Cina — Reflazione incompiuta, ma “pavimento” sui metalli
I segnali macro cinesi restano misti: CPI vicino allo zero/leggermente negativo, PPI meno deflattivo, credito che rimbalza ma sotto attese. È un contesto che sostiene un floor sui metalli industriali senza innescare un bull-market pieno. La domanda privata, zavorrata dall’immobiliare, non consente ancora un’accelerazione autonoma. Per ora, il beta Cina paga se inserito in barbell con difensivi di qualità.
Commodity — Oro superstar, petrolio in gabbia
L’oro ha macinato nuovi record, vicino a 3.65–3.67k $/oz, anche grazie al dollaro in arretramento e al calo dei rendimenti reali. Attenzione però alle stagionalità di settembre: il pattern storico è meno affidabile nell’ultimo decennio, quindi meglio ancorarsi a driver macro (real yield, USD, flussi CB).
Il petrolio resta ingabbiato tra prospettive di surplus (IEA) e scossoni geopolitici: Brent ~66–67 $, WTI ~62–63 $. OPEC+ ha optato per aumenti modesti e il tema dominante resta la domanda USA più debole. Diverse case ora vedono prezzi medi più bassi nel 2026 rispetto a oggi. La re-rating story dell’energia è per ora tattica, non strutturale.
FX — Differenziali, politica e rischi di coda
Con la Fed percepita più vicina al taglio di quanto non sia la BCE, i differenziali si chiudono: EUR/USD beneficia del “convergence trade”, pur restando sensibile alle headlines francesi. USD/CAD resta top-heavy in scia BoC e oil; JPY dipende dalla BoJ più che da fattori domestici “puri” nel brevissimo. In generale, il beta USD tende al ribasso se la Fed conferma bias easing senza enfatizzare rischi inflattivi.
Il playbook per la prossima settimana (tattico, non è consulenza)
1) Barbell “duration + oro” (1–4 settimane)
Se la Fed consegna un taglio “di apertura” e il dot plot non smentisce una traiettoria lieve di easing, il mix growth-slowdown + real yields in flessione sostiene Treasury long-duration e gold. In UCITS: governativi USA lunghi (o global aggregate con hedging) + oro fisico/sintetico (es. SGLN/PHAU). Rischio: CPI/PPI più “appiccicosi” o Fed più “un-and-done” del previsto che rispinge in alto i real. Livello di controllo tattico sul gold: tenuta area 3.52k.
2) Europa “respira”, ma hedgia il rischio Francia (2–6 settimane)
Con PMI manifattura >50 e BCE on hold, c’è spazio per beta ciclico selettivo (industriali export-oriented, semiconduttori europei) ma copertura via OAT-Bund spread o via short tattico su Francia rispetto a Germania/Paesi Bassi in caso di nuove tensioni politiche. Per l’azionario, preferire quality exporters e investment-grade corporate europee di emittenti solidi dove i credit spread restano compressi.
3) Canada “cut-sensitive” (1–4 settimane)
Con dati lavoro deboli e PIL in contrazione, la BoC ha spazio per tagliare. Tatticamente: preferire duration CAD (provinciali/governativi) e difensivi del TSX; sul FX, USD/CAD resta comprabile su pullback finché oil non costruisce un trend rialzista credibile.
4) Giappone “hedged” (2–8 settimane)
Se la BoJ mantiene il passo graduale, il TOPIX conserva supporto dal tema reflazione domestica/salari; usare hedge FX per attenuare la variabilità dello yen verso i tagli Fed. Attenzione alle banche: beneficiano di tassi più alti, ma guidance troppo lenta può raffreddare gli entusiasmi.
5) Energy “patience trade” (4–12 settimane)
Il quadro IEA/prezzi indica rischio range o pressione moderata al ribasso nel breve; la leva speculativa è contenuta e l’offerta OPEC+ guarda al 2026 con surplus più ampio. Meglio approcci market-neutral (pair trade integrati) o esposizione a midstream/raffinazione di qualità. Long direzionale sul crude solo su catalizzatore chiaro (tagli supply, shock geopolitico persistente).
6) Tariffs watch: barriere e margini
Settori ad alta intensità import (retail, giocattoli, apparecchi domestici, talune categorie tech) restano esposti al pass-through dei dazi; utile monitorare margini e pricing power negli utili del 3°–4° trimestre. Coperture: put spreads sugli indici settoriali o tilt verso società con supply chain regionalizzata e potere prezzo consolidato.
Rischi e catalizzatori (5–10 giorni)
- FOMC (17/9): entità e tono del taglio contano più del taglio in sé; watch dot plot e commento su tariffe/mercato del lavoro. Scenario base: 25 pb con guidance prudente. Hawkish risk: enfasi su prezzi “sticky” nei servizi.
- BoC (17/9): 25 pb ampiamente prezzati; attenzione alla caratterizzazione del mercato del lavoro e alla lettura dell’output gap.
- BoJ (18–19/9): normalizzazione graduale; cercare indizi su bilancio e gestione ETF.
- USA hard data: vendite al dettaglio, housing, claims; un set “freddo” rafforza duration e oro, uno “caldo” aiuta ciclici/value ed EUR/USD “risk-on”.
- Francia: formazione governo Lecornu e dinamica OAT vs BTP/Bund. Un peggioramento può allargare gli spread periferici per contagio di sentiment.
“What’s priced?” — Lettura cross-asset
- Equity USA: leadership AI/mega-cap intatta, breadth non esplosiva ma sufficiente; compressione di volatilità coerente con aspettative di cut. Rischio: “too dovish to be true” → realization su multipli growth.
- Rate USA: curva piatta sul 2–10Y, real in flessione, prime positioning su duration tornano a funzionare; occhio alle aste lunghe.
- FX: DXY più leggero in scia Fed; EUR/USD con bias positivo salvo shock politico in eurozona; CAD fragile; JPY guidato da BoJ.
- Commodities: gold momentum-driven, oil in corridoio (supply > demand nel breve).
Conclusione — La bussola per la settimana che si apre
Il mercato ha “scontato” una combinazione di Fed più vicina al taglio, Europa “nel suo good place”, Canada in modalità re-easing e Giappone che normalizza senza strappi. È un Goldilocks tattico, non strutturale: funziona finché la crescita non scivola troppo (risk-off) e finché le tariffe non riaccendono l’inflazione “cattiva”. La mappa operativa resta (1) barbell tra duration e oro, (2) Europa ciclica selettiva con copertura Francia, (3) Canada cut-sensitive, (4) Giappone equity hedged, (5) energy in range con approccio paziente. Il resto è disciplina: gestire i livelli, ascoltare i dot e non farsi incantare da stagionalità a cui il mercato non crede più.
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