Finché non succede questo i mercati non crolleranno…

Il pain trade oggi spinge verso l’alto: molti fondi sono ancora sottopesati o leggermente corti sugli indici USA, e se la consueta correzione stagionale di settembre non si materializza, scatterà la ricopertura forzata alimentando lo squeeze. In mezzo arriva la Fed: settimana decisiva, con dot

Scopri

Mercati sotto pressione: i segnali da non ignorare

Il paradosso di questa settimana è che i mercati hanno reagito più al cambio di narrativa che ai numeri in sé. Il filo conduttore è chiaro: Stati Uniti in stagflazione “soft” (crescita che sfuma, prezzi ancora appiccicosi), Europa che respira ma resta fragile, Canada in

Scopri

La corsa dell’AI è fuori controllo?

Wall Street continua a festeggiare come se non ci fosse un domani, con gli indici azionari che segnano nuovi record e le grandi banche d’affari che spingono sempre più in alto le loro previsioni, arrivando a vedere l’S&P 500 verso quota 7.000. Il motore di

Scopri

L’Oro sta urlando, Wall Street fa finta di non sentire

L’oro ha superato i 3.500 $/oz, rompendo un muro psicologico che per mesi sembrava invalicabile. Non è solo un record tecnico: è un segnale. La storia ci insegna che l’oro funziona come un sismografo. Non reagisce alle notizie, ma le anticipa. Nel 2019 iniziò a

Scopri

Comprare casa o stare in affitto: cosa conviene ?

Quando si parla di immobiliare, le opinioni si dividono come il Mar Rosso. C’è chi vede la casa come il rifugio sicuro, il bene che “non tradisce mai”, e chi la considera una zavorra, un investimento poco liquido e costoso da mantenere. La verità è

Scopri

La resa dei conti sui DAZI: il piano ambizioso degli USA 

[wpseo_breadcrumb]

L’America ha alzato i dazi. Di nuovo. E stavolta non di poco. Nel 2024, la tariffa media sulle importazioni era appena sopra il 2%. Oggi, siamo già oltre il 16% – il livello più alto dai tempi della Grande Depressione. E il bello,  o il brutto , è che potrebbero salire ancora. Il 31 luglio Trump ha firmato un nuovo ordine esecutivo che alza le tariffe per quasi tutti i partner commerciali: 15% per l’Europa e la Corea del Sud, 25% per l’India, 30% per il Sudafrica, 35% per il Canada. La Cina? Ancora in stand-by, ma con dazi già al 40%.

Dietro l’arroganza dei dazi c’è un disegno più ambizioso di quanto sembri. Donald Trump non vuole solo alzare il prezzo di ciò che arriva dai suoi rivali. Vuole riscrivere le regole del gioco, immaginando un’America che chiude il rubinetto da cui escono troppi dollari e ne apre un altro che alimenti le sue fabbriche. Se controllare il deficit commerciale fosse semplice come stringere una valvola, il bilancio federale sarebbe già in ordine. Invece, anche con tariffe salate, le entrate extra somigliano a una goccia nel mare dei conti pubblici. Il vero sogno è altrove: riportare le catene di montaggio nella Rust Belt, far ripartire i grandi capannoni in Ohio e Michigan. Alcuni investitori stranieri si sono già lasciati sedurre e hanno promesso nuovi impianti negli Stati Uniti, a dimostrazione che l’idea non è del tutto irrealistica. Ma, almeno nel breve periodo, quei dazi si comportano come una tassa nascosta: i prezzi per i consumatori salgono e chi ha delocalizzato potrebbe non avere fretta di tornare.

Trump gioca con le dimensioni dell’economia mondiale come un gigante tra formiche. Per molti Paesi, perdere l’accesso al mercato americano sarebbe uno choc: le vendite agli Stati Uniti valgono per loro una fetta importante del prodotto interno lordo, mentre gli americani esportano relativamente poco. Questo squilibrio diventa un’arma negoziale potentissima. Non è l’unica: per dare spessore alla sua agenda, il presidente tira in ballo la sicurezza nazionale, citando la necessità di non dipendere dall’estero per il rame o i farmaci. Il Covid ha insegnato quanto possa essere fragile una filiera globale; avere una rete domestica per materie prime e medicinali diventa, così, un mantra. Poi c’è la dimensione emotiva. Gli operai che hanno visto i loro stipendi stagnare mentre il resto del Paese arricchiva sono il suo pubblico naturale. Trump promette di proteggere le piccole imprese e di favorire la nascita di nuove realtà ad alta tecnologia. In filigrana c’è anche la promessa di un Paese più sicuro perché autosufficiente.

Non tutti però credono al racconto roseo. L’economia non regala pasti gratis: ciò che sembra protezione può trasformarsi in un boomerang. L’inflazione è già dietro l’angolo. Le tasse sull’import sono passate in media dal 10 al 17 % e, finora, le aziende hanno digerito gli aumenti. Ma le vendite al dettaglio scendono, e con l’arrivo dei nuovi dazi i prezzi potrebbero correre oltre il 3 %. Enrico Moretti, economista dal piglio pragmatico, avverte che in sei-dodici mesi i rincari ricadranno su tutti. Chi spera di rivivere l’epoca d’oro della manifattura rischia di restare deluso: i posti persi non torneranno perché le catene produttive sono ormai robotizzate; e il gettito che entra dalle tariffe è minuscolo rispetto al deficit federale. La storia non gioca a favore di questa politica. Nel 2018 Washington colpì acciaio e alluminio con risultati miseri: nel 2024 la produzione di acciaio era ancora più bassa e quella di alluminio quasi crollata. È come irrigare un campo con l’acqua salata: non fiorisce nulla.

Il colpo di scena arriva quando nel ragionamento entra il dollaro. Per far ripartire l’industria e ridurre il disavanzo commerciale, la Casa Bianca avrebbe bisogno di una moneta più debole, che renda competitive le esportazioni. Ma gli Stati Uniti finanziano il loro immenso debito vendendo titoli denominati in dollari. Una valuta forte attira capitali, mantiene basso il costo del denaro e assicura che gli investitori continuino a considerare sicuri i bond americani. Questa contraddizione è lampante: Trump vorrebbe un dollaro debole per l’industria, e allo stesso tempo ha bisogno di un dollaro forte per tenere in piedi un debito che supera i 35 mila miliardi di dollari e per preservare il ruolo del biglietto verde come valuta di riserva mondiale. Non è l’unico paradosso. Per convincere Europa e Cina a continuare a comprare debito americano serve una moneta stabile e tassi di interesse appetibili. Ma lo stesso presidente non perde occasione per attaccare la Federal Reserve perché non taglia i tassi abbastanza in fretta. Ridurli troppo potrebbe indebolire il dollaro e alimentare l’inflazione; mantenerli alti rende il credito più caro e rallenta la crescita.

I numeri raccontano una verità scomoda: nel primo semestre del 2025 il dollaro ha perso quasi l’11 % rispetto a un paniere di valute, il peggior semestre dal 1973. Dietro questo calo ci sono le inquietudini sul debito americano e la guerra dei dazi, che alimentano un clima di incertezza. Un biglietto verde debole rende i prodotti statunitensi più convenienti e sostiene l’export, ma riduce la fiducia degli investitori e può spingere capitali verso l’oro o le criptovalute. Tenere l’equilibrio tra queste forze è un esercizio complesso. Trump cammina su un sentiero stretto: da un lato deve rilanciare l’industria domestica e correggere squilibri commerciali; dall’altro non può permettersi di perdere la credibilità finanziaria che gli consente di finanziare il debito e di usare il dollaro come strumento di potere globale. In gioco non c’è solo il futuro dei dazi, ma la stessa posizione dell’America nell’economia mondiale.

Seguimi su YouTube e Telegram: troverai spunti e letture per capire cosa succede nell’economia e nella finanza.

MARCO CASARIO

Gli italiani sono tra i popoli più ignoranti in ambito finanziario.

Non per scelta ma perché nessuno lo ha mai insegnato. Il mio scopo è quello di educare ed informare le persone in ambito economico e finanziario. Perché se non ti preoccupi dell'economia e della finanza, loro si occuperanno di te.

Corsi Gratuiti

Diventare un Trader e un Investitore

© Copyright 2022 - The 10Min Trader BV - KVK: 72735481 - VAT ID: NL854377591B01

Il contenuto di questo sito è solo a scopo informativo, non devi interpretare tali informazioni o altro materiale come consigli legali, fiscali, di investimento, finanziari o di altro tipo. Nulla di quanto contenuto nel nostro sito costituisce una sollecitazione, una raccomandazione, un'approvazione o un'offerta da parte di The 10Min Trader BV  per acquistare o vendere titoli o altri strumenti finanziari in questa o in qualsiasi altra giurisdizione in cui tale sollecitazione o offerta sarebbe illegale ai sensi delle leggi sui titoli di tale giurisdizione.

Tutti i contenuti di questo sito sono informazioni di natura generale e non riguardano le circostanze di un particolare individuo o entità. Nulla di quanto contenuto nel sito costituisce una consulenza professionale e/o finanziaria, né alcuna informazione sul sito costituisce una dichiarazione esaustiva o completa delle questioni discusse o della legge ad esse relativa. The 10Min Trader BV non è un fiduciario in virtù dell'uso o dell'accesso al Sito o al Contenuto da parte di qualsiasi persona. Solo tu ti assumi la responsabilità di valutare i meriti e i rischi associati all'uso di qualsiasi informazione o altro Contenuto del Sito prima di prendere qualsiasi decisione basata su tali informazioni o altri Contenuti. In cambio dell'utilizzo del Sito, accetti di non ritenere The 10Min Trader BV, i suoi affiliati o qualsiasi terzo fornitore di servizi responsabile di eventuali richieste di risarcimento danni derivanti da qualsiasi decisione presa sulla base di informazioni o altri Contenuti messi a tua disposizione attraverso il Sito.

RISCHI DI INVESTIMENTO

Ci sono rischi associati all'investimento in titoli. Investire in azioni, obbligazioni, exchange traded funds, fondi comuni e fondi del mercato monetario comporta il rischio di perdita.  La perdita del capitale è possibile. Alcuni investimenti ad alto rischio possono utilizzare la leva finanziaria, che accentuerà i guadagni e le perdite. Gli investimenti esteri comportano rischi speciali, tra cui una maggiore volatilità e rischi politici, economici e valutari e differenze nei metodi contabili.  La performance passata di un titolo o di un'azienda non è una garanzia o una previsione della performance futura dell'investimento.La totalità dei contenuti presenti nel sito internet è tutelata dal diritto d’autore. Senza previo consenso scritto da parte nostra non è pertanto consentito riprodurre (anche parzialmente), trasmettere (né per via elettronica né in altro modo), modificare, stabilire link o utilizzare il sito internet per qualsivoglia finalità pubblica o commerciale.Qualsiasi controversia riguardante l’utilizzo del sito internet è soggetta al diritto svizzero, che disciplina in maniera esclusiva l’interpretazione, l’applicazione e gli effetti di tutte le condizioni sopra elencate. Il foro di Bellinzona è esclusivamente competente in merito a qualsiasi disputa o contestazione che dovesse sorgere in merito al presente sito internet e al suo utilizzo.
Accedendo e continuando nella lettura dei contenuti di questo sito Web dichiari di aver letto, compreso e accettato le sopracitate informazioni legali.

Cookie Policy