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La prospettiva di un’amministrazione pro-business ha favorito un rimbalzo nei mercati azionari statunitensi. Le small cap sono state protagoniste, con l’indice Russell 2000 che ha guadagnato il 4,5%. Le big tech, invece, sono rimaste più caute, frenate da prese di profitto dopo mesi di rialzi sostenuti.
Gli investitori confidano nella cosiddetta “Trump Put”, la convinzione che l’amministrazione interverrà sempre per proteggere i mercati in caso di difficoltà. Questo atteggiamento di fiducia sta contribuendo a creare un clima di ottimismo, nonostante le incertezze geopolitiche.
Negli Stati Uniti, i dati PMI di novembre hanno sorpreso positivamente, con un composito a 55,3, il livello più alto da aprile 2022. Questo equilibrio tra crescita moderata e inflazione sotto controllo rappresenta un ambiente ideale per gli investitori, il famoso scenario “Goldilocks”. In Europa, però, il panorama è meno brillante. I PMI sono scesi sotto la soglia di contrazione, spingendo l’euro ai minimi di due anni.
Le tensioni geopolitiche hanno avuto un impatto moderato sulle materie prime. Il petrolio ha superato i 71 dollari al barile prima di stabilizzarsi, mentre l’oro ha raggiunto i 2.700 dollari l’oncia, attirando gli investitori alla ricerca di sicurezza. Il dollaro, nel frattempo, ha segnato l’ottava settimana consecutiva di guadagni, una serie che non si vedeva da oltre un anno.
Le minacce geopolitiche non spaventano troppo il petrolio
In un contesto in cui le tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina raggiungono livelli critici, ci si potrebbe aspettare un forte impatto sui mercati delle materie prime, in particolare sul petrolio. Eppure, il greggio è rimasto sorprendentemente stabile. La ragione principale è il surplus globale di offerta.
Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, il mercato potrebbe affrontare un eccesso di oltre un milione di barili al giorno, anche nel caso in cui l’OPEC+ mantenga i tagli volontari. Questo perché i produttori non-OPEC+, tra cui Stati Uniti e altri paesi, stanno aumentando la loro offerta più rapidamente di quanto la domanda globale riesca a recuperare.
Normalmente, una minaccia così grave come il possibile uso di armi nucleari avrebbe mandato il prezzo del petrolio alle stelle. Ma questa volta, il contesto macroeconomico ha prevalso. Rimane però la possibilità che un ulteriore deterioramento delle relazioni internazionali o eventi inattesi possano innescare movimenti significativi.
Gary Gensler lascerà la SEC
Gary Gensler, il presidente della SEC (Securities and Exchange Commission) noto per il suo approccio deciso contro frodi crypto, ha annunciato che si dimetterà il 20 gennaio, una notizia che potrebbe segnare un cambiamento radicale per il settore delle criptovalute.
Durante il suo mandato, Gensler ha perseguito casi contro aziende come Coinbase e Ripple, accusate di operare al di fuori delle regole, sostenendo che la maggior parte dei token dovrebbero essere considerati titoli non registrati.
Con le sue dimissioni, la guida della SEC passerà a un presidente ad interim, probabilmente Mark Uyeda o Hester Peirce, entrambi di area repubblicana. Il vero impatto positivo potrebbe arrivare con l’insediamento di Donald Trump, che ha promesso un approccio più favorevole al settore crypto e una revisione delle regolamentazioni imposte da Gensler.
La notizia delle dimissioni di Gensler ha già scatenato reazioni nel mercato crypto. XRP (Ripple) è balzato del 20% grazie alle speranze per una svolta nella lunga battaglia legale con la SEC. Cardano (ADA) e Solana (SOL) hanno registrato rispettivamente aumenti del 12% e del 10%. Anche Bitcoin ha raggiunto un picco del 135% quest’anno, trainato dalla domanda di ETF e dalle prospettive di un quadro normativo più chiaro.
La BOJ apre la porta a possibili rialzi dei tassi
Kazuo Ueda, il governatore della Bank of Japan, ha fatto notizia con una frase semplice ma ricca di implicazioni: “È impossibile prevedere l’esito della prossima riunione”. Questa affermazione, apparentemente neutrale, ha lasciato spazio a ogni possibilità, provocando una reazione immediata sui mercati. Lo yen si è rafforzato, segno che gli investitori ritengono plausibile un rialzo dei tassi. La valuta aveva recentemente toccato la soglia dei 156 per dollaro, il livello più debole da agosto.
Nel frattempo, l’inflazione giapponese è rimasta sopra il target della BOJ, nonostante un lieve rallentamento. A ottobre, i prezzi al consumo, esclusi i prodotti freschi, sono aumentati del 2,3% rispetto all’anno precedente.
La debolezza dello yen e l’aumento moderato dei prezzi potrebbero spingere la BOJ ad alzare i tassi già a dicembre. Ma c’è anche la possibilità che Ueda decida di guadagnare tempo, sfruttando dichiarazioni “dure” per posticipare una decisione, come già accaduto in passato.
Un ulteriore motivo per rimandare potrebbe essere l’incertezza politica. Dopo la recente perdita di consensi del governo nelle elezioni, la BOJ potrebbe evitare mosse rischiose.
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