
Trump Può Licenziare Powell? Il Caso che Agita Mercati, Giuristi e Investitori
Donald Trump potrebbe davvero rimuovere Jerome Powell dalla guida della Federal Reserve. L’idea, che fino a poco tempo fa sembrava una provocazione come tante, è diventata un’ipotesi concreta. Negli Stati Uniti se ne discute apertamente. La Casa Bianca sta valutando la questione e nei corridoi

Come Preparare il Portafoglio alla Recessione Senza Farsi Travolgere
Negli ultimi tempi l’aria nei mercati si è fatta più pesante. Dopo l’annuncio di Trump sui nuovi dazi, l’S&P 500 ha perso oltre il 10% in appena due sedute. J.P. Morgan ha già alzato bandiera: secondo i loro analisti, ci sono buone probabilità che l’economia

Azioni Anti Recessione: Dove Investire Quando la Borsa Crolla
Quando le parole “crescita zero”, “stagflazione” e “recessione” tornano a dominare i titoli di giornale, il panico si fa sentire anche sui mercati. E ogni investitore, dal principiante al veterano, si chiede la stessa cosa: come posso proteggere il mio capitale? La risposta non è

Il Deficit Commerciale USA Spiegato Semplice: Perché Trump ne Parla Sempre e Cosa Significa Davvero
Negli ultimi mesi il tema del deficit commerciale USA è tornato sotto i riflettori, complice il ritorno prepotente di Donald Trump sulla scena politica e le sue dichiarazioni infuocate contro i partner commerciali degli Stati Uniti. Ma che cos’è esattamente un deficit commerciale? È davvero

Guerra Commerciale USA-Cina 2025: Cosa Rischiamo Davvero?
È ufficiale: la guerra commerciale tra USA e Cina è riesplosa nel 2025 e questa volta fa ancora più rumore. Dazi al 145%, minacce incrociate, esportazioni bloccate, aziende nel panico. Non è un film distopico, ma la cronaca economica di aprile 2025. Il presidente americano

Trump, Dazi e Caos in Borsa: la Volatilità Sale, ma le Occasioni non Mancano
Il VIX ha superato quota 40, i titoli tech sono crollati, poi rimbalzati. Trader con le mani nei capelli, CEO che parlano di “caos” in conference call e investitori che corrono in cerca d’oro (letteralmente). Dall’inizio del suo nuovo mandato alla Casa Bianca, Donald Trump
Dazi di Trump: Caos Annunciato tra Esenzioni, Minacce e “Tariffe Secondarie”
Segnatevi questa data: 2 aprile 2025. È il giorno che Donald Trump ha ribattezzato “Liberation Day”, una sorta di festa della tariffa per rilanciare il suo approccio protezionista, con nuove tasse sull’import-export e un’inedita trovata: le “tariffe secondarie”. Ma cosa sta succedendo davvero? E cosa rischia l’economia globale?
“Tariffe reciproche” sì, ma non per tutti
Tutto è partito a febbraio, quando Trump ha annunciato il ritorno delle tariffe reciproche. In pratica, se un paese tassa le merci americane al 10%, allora anche gli Stati Uniti metteranno una tariffa del 10% sulle merci di quel paese. Semplice, no?
Peccato che lunedì 24 marzo, a una manciata di giorni dall’entrata in vigore, Trump abbia messo in pausa tutto. “Potrei fare delle eccezioni. Magari saremo anche più gentili del previsto”, ha detto a sorpresa dalla Casa Bianca. Vuol dire che alcuni paesi potrebbero essere esentati.
Secondo indiscrezioni raccolte dal Wall Street Journal, l’amministrazione starebbe pensando anche a un’applicazione settoriale delle tariffe. I dazi potrebbero quindi colpire solo certi settori, come quello automobilistico, farmaceutico, dei semiconduttori e del legname.
Ma allora i dazi arrivano o no?
La risposta è: chi lo sa! Il 2 aprile rimane la data ufficiale, ma la lista dei paesi colpiti e dei settori coinvolti è ancora tutta da scrivere. Intanto, l’incertezza regna sovrana, le aziende sono in tilt e i mercati ballano.
In passato, Trump ha usato scadenze simili solo per poi rimandare, modificare o smorzare le misure all’ultimo minuto. Sarà così anche stavolta?
Auto, chip e medicine nel mirino
Nonostante il balletto comunicativo, Trump ha ribadito l’intenzione di imporre dazi su auto, microchip e farmaci in tempi brevi. Il settore automotive è il più esposto: le azioni di colossi come BMW, Mercedes, Renault e Stellantis hanno reagito con nervosismo.
Le case automobilistiche europee, già alle prese con vendite fiacche e incertezze macroeconomiche, ora si trovano davanti a una nuova possibile barriera commerciale. Lo stesso vale per i produttori di chip e per Big Pharma, che vedono nel mercato USA una delle principali fonti di ricavo.
La nuova arma di Trump: le “tariffe secondarie”
Lunedì, l’ex presidente ha annunciato una tariffa del 25% su tutti i beni importati negli Stati Uniti da qualunque paese che acquisti petrolio o gas dal Venezuela. Si tratta di una trovata tutta trumpiana: le “secondary tariffs”.
Sì, avete capito bene. Se un paese compra greggio venezuelano, quando poi esporta prodotti verso gli Stati Uniti, si becca un dazio del 25%. Una mossa pensata per colpire duramente il regime di Maduro e i suoi partner commerciali, a cominciare dalla Cina.
In pratica, Trump ha messo insieme le tariffe classiche con le sanzioni finanziarie, creando un ibrido finora mai visto: una sorta di “arma economica di nuova generazione”, come l’ha definita Francisco Monaldi del Baker Institute di Houston.
Perché proprio il Venezuela?
Dietro c’è un mix di geopolitica, immigrazione e petrolio. Il Venezuela possiede le riserve di greggio più grandi del mondo, ma è anche una delle principali fonti di migranti verso gli USA, secondo Trump. Il legame tra petrolio e criminalità, a suo dire, è diretto.
La Casa Bianca ha accusato Maduro di aver “inviato decine di migliaia di criminali violenti negli Stati Uniti sotto copertura”. Da qui la decisione: chi fa affari con Caracas, rischia di pagare caro.
E non si tratta solo di parole: l’ordine esecutivo firmato da Trump dà mano libera al Segretario di Stato Marco Rubio per decidere a chi applicare la tariffa. In cima alla lista nera c’è la Cina, già bersaglio di numerose misure punitive. Ma anche Spagna, India e altri grandi acquirenti di petrolio venezuelano sono nel mirino.
E gli USA che fanno col petrolio?
Se Trump vuole colpire chi compra petrolio venezuelano, perché gli USA continuano a farlo? La risposta è Chevron. L’azienda americana ha una licenza speciale per operare in Venezuela e fornire greggio alle raffinerie del Golfo del Messico, ottimizzate proprio per il petrolio pesante venezuelano. Non a caso, il Tesoro ha appena concesso a Chevron una proroga fino al 27 maggio per chiudere le operazioni in corso.
Il business non si ferma, ma il messaggio è chiaro. Se altri paesi non si adeguano, scatteranno le tariffe. E questo potrebbe far salire i prezzi del greggio, già messi sotto pressione da un surplus globale e dalla domanda incerta.
Tariffe come arma diplomatica (e fiscale)
Per Trump, i dazi sono un coltellino svizzero. Li usa per fare pressione sui paesi che non si piegano (vedi Colombia), ma anche per fare cassa: possono generare entrate da usare per finanziare altri progetti, come l’estensione dei tagli fiscali del 2017.
Secondo Peter Harrell, ex funzionario della Casa Bianca, Trump preferisce le tariffe alle sanzioni finanziarie perché “almeno incassi qualcosa, anche se il paese colpito non cede”. Un ragionamento forse cinico, ma coerente con l’approccio trumpiano.
Nel frattempo, l’Unione Europea non resta a guardare. Il commissario al commercio Maros Sefcovic ha in programma un incontro con l’amministrazione USA per cercare di ottenere esenzioni. Anche l’India si sta muovendo in fretta.
Tutti cercano di capire chi verrà colpito e con quali percentuali. I precedenti insegnano che Trump può cambiare idea da un giorno all’altro, ma intanto si corre ai ripari. Nessuno vuole farsi trovare impreparato.
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