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Il 2025 ha preso il via con un’atmosfera diversa rispetto all’euforia che aveva caratterizzato il 2024. I primi giorni del nuovo anno hanno visto gli operatori di mercato muoversi con maggiore cautela, optando per una riduzione del rischio.
Dopo mesi di investimenti aggressivi, sembra essere arrivato il momento di frenare. I segnali di incertezza si sono moltiplicati, con un aumento della volatilità nei Treasury e nei corporate bond. L’S&P 500 ha registrato il peggior calo di fine anno mai visto negli ultimi decenni, nonostante un anno super rialzista. Di “Rally di Natale” quest’anno nemmeno l’ombra.
Molti analisti puntano il dito sulle nuove politiche fiscali introdotte dall’amministrazione Trump: tariffe commerciali e tagli fiscali che potrebbero complicare ulteriormente il lavoro della Fed nella lotta contro l’inflazione.
Nonostante il nervosismo generale, venerdì c’è stato un rimbalzo nei mercati azionari. L’S&P 500 ha guadagnato l’1,3% e il Nasdaq l’1,7%, trainati dai giganti della tecnologia e dalla riconferma dello Speaker della Camera. La rielezione di Mike Johnson come Speaker potrebbe offrire qualche spiraglio positivo.
Il dollaro ha rallentato dopo aver raggiunto il livello più alto degli ultimi due anni, mentre i rendimenti dei titoli decennali si sono mantenuti sopra il 4,5%.
Bitcoin ha subito il peggior deflusso di sempre dal suo ETF più grande. Il petrolio, invece, ha iniziato il 2025 in forte rialzo, raggiungendo i massimi da ottobre. L’oro, che aveva trovato slancio nelle ultime settimane, ha perso terreno venerdì.
Il gas russo attraverso l’Ucraina si ferma
Il 1° gennaio 2025 ha segnato un cambiamento storico. Dopo decenni di forniture ininterrotte, il gas russo ha smesso di attraversare l’Ucraina. La scadenza del contratto di transito senza possibilità di rinnovo ha messo fine a una collaborazione che era sopravvissuta a molteplici crisi. Questo cambio di rotta impone costi più elevati per diversi Paesi europei, costretti a cercare fonti alternative. Ad esempio, la Slovacchia stima un incremento di 90 milioni di euro all’anno per garantire approvvigionamenti sicuri.
Per Mosca, la perdita di questo corridoio rappresenta un duro colpo economico, con un impatto stimato di circa 6 miliardi di dollari l’anno. Anche l’Ucraina, però, paga un prezzo elevato: i ricavi derivanti dai diritti di transito si sono azzerati.
Il prezzo del gas in Europa si è assestato sotto i 50 euro al megawattora, ma rimane vicino ai massimi toccati negli ultimi 14 mesi. I livelli di stoccaggio sono attualmente al 72% su scala continentale. La Germania guida con il 79,7%, seguita dall’Italia con il 78,8%. Questi numeri sono leggermente superiori alla media stagionale del 69%, ma il contesto resta delicato. Con l’inverno ormai in pieno corso, si prevede un aumento della domanda che potrebbe mettere sotto pressione le riserve.
L’Unione Europea ha fissato il 2027 come scadenza per eliminare la dipendenza dai combustibili fossili russi, ma il distacco completo dal gas russo appare ancora un percorso accidentato. Nel frattempo, alcune nazioni continuano a mantenere legami energetici con Mosca. Ungheria e Serbia, ad esempio, ricevono ancora gas attraverso TurkStream, l’unico gasdotto russo attivo in Europa.
Un inizio difficile per la Cina
Le borse cinesi hanno registrato un crollo significativo, il peggiore degli ultimi dieci anni. A pesare sono stati dati economici deludenti e il timore di nuovi dazi commerciali che continuano a gettare un’ombra sul futuro.
Giovedì, il CSI 300 ha chiuso con un calo del 2,9%, rompendo al ribasso la media mobile a 50 periodi, un livello considerato cruciale dagli analisti tecnici.
A contribuire al pessimismo sono stati i grandi fondi, che hanno iniziato a liquidare le loro posizioni, e il pagamento dei dividendi da parte di giganti come Industrial and Commercial Bank of China e Agricultural Bank of China.
La fiducia nel futuro economico della Cina resta debole. Nonostante gli sforzi di Pechino a dicembre, con l’introduzione di misure di stimolo per rilanciare l’economia, il mercato non sembra convinto. Gli investitori vogliono segnali chiari e concreti, ma per ora ricevono solo incertezze.
Il tanto celebrato rimbalzo del 2024 si è rivelato poco più che un’illusione. Gran parte dei guadagni è arrivata in seguito alle misure straordinarie adottate in autunno, ma da allora il mercato ha faticato a trovare una direzione chiara.
Le promesse di Pechino per il 2025 includono un aumento della spesa pubblica e iniziative per stimolare i consumi interni, ma gli analisti invitano alla cautela. È probabile che le novità più significative arriveranno solo a marzo, durante le “Two Sessions”, gli incontri politici annuali che definiscono le priorità strategiche del governo.
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