
Le Banche Centrali Hanno Perso il Controllo dell’Economia?
Quando la medicina non funziona più Per decenni il taglio dei tassi è stato l’antibiotico standard delle banche centrali: rendere il denaro più economico per spingere famiglie e imprese a chiedere prestiti, comprare case, investire. Meno risparmio, più spesa, più crescita: questa è la catena

Dazi al 100% sui farmaci: l’ultimatum di Trump che può riscrivere le regole
Era da tempo che i mercati si erano illusi di aver capito le nuove regole del gioco. Poi, all’improvviso, Trump ha rovesciato il tavolo: dazi al 100% sui farmaci brevettati importati negli Stati Uniti. Non una tassa simbolica, ma un vero raddoppio secco dei prezzi.

Investire meglio del 99%: la mappa mentale che ti manca
Per anni ci hanno raccontato una storia rassicurante: un viaggio lineare verso la ricchezza, con un rendimento medio dell’8–10% l’anno, come una retta che sale dolcemente. Una promessa comoda, che funziona perché è ciò che tutti vogliono sentirsi dire. Ma la verità è diversa: i

Oltre il taglio: i segnali che Powell ci ha lasciato
Il FOMC ha consegnato il taglio più atteso dell’anno, ma il vero messaggio non è nei 25 punti base, bensì nelle parole di Powell e nelle proiezioni interne. Per la prima volta la Fed ammette che il rischio lavoro ha superato, almeno per ora, quello

Arriva il taglio, ma Powell ammette la crepa nel mercato del lavoro
Cosa è successo La Federal Reserve ha tagliato i tassi di interesse di 25 punti base, portandoli al 4%-4,25%. Una decisione scontata dai mercati, ma che nasconde un cambio di prospettiva importante. Powell, durante la conferenza stampa, ha ammesso apertamente che il mercato del lavoro

La FED ha perso il controllo? Il taglio più delicato della storia
Oggi arriva l’annuncio più “telefonato” di sempre: taglio dei tassi di 25 bps. I mercati lo hanno già scontato, ma l’attenzione non è sul numero: conta cosa dirà Powell in conferenza e, soprattutto, il dot plot. È lì che si legge la traiettoria: quanti tagli
La correlazione tra azioni e obbligazioni è positiva: le implicazioni per i portafogli
Azioni e obbligazioni si stanno muovendo di nuovo di pari passo: la loro correlazione è tornata ad essere positiva. Ciò ha innescato agitazione tra gli osservatori di mercato sulle implicazioni di questo cambiamento per i portafogli di investimento. Prima di mettere in dubbio la saggezza degli investimenti convenzionali, che vede le obbligazioni come diversificatori in un portafoglio, vale la pena ricordare quanto il rapporto tra questi due asset sia stato fluido, specialmente negli ultimi due anni. La correlazione tra azioni e obbligazioni è in continua evoluzione e non è affatto rigida.
I titoli del Tesoro a 10 anni sono stati negativamente correlati all’indice S&P 500 per gran parte del 21° secolo. Gli investitori avevano quindi accettato che detenere un mix di azioni e obbligazioni fosse un modo ottimale per gestire il rischio.
L’anno scorso, però, la correlazione è diventata significativamente positiva. Entrambi gli asset sono scesi, facendo crollare il portafoglio 60/40 (60% azioni, 40% obbligazioni) e portando molti osservatori a mettere in discussione il ruolo delle obbligazioni come diversificatori in un portafoglio. Questo spostamento cambierà per sempre il mondo degli investimenti?
Come è cambiata la correlazione negli ultimi 2 anni?
All’inizio del 2022, di fronte alla peggiore inflazione degli ultimi 40 anni, i politici della Fed hanno iniziato a propagandare i piani di aumento dei tassi di interesse, innescando un calo sia delle azioni che delle obbligazioni che è durato circa nove mesi. In quel periodo la correlazione a breve termine tra azioni e obbligazioni è aumentata.
All’inizio di marzo 2023, i mercati hanno iniziato a concentrarsi sulle potenziali ricadute economiche della crisi bancaria regionale. Gli asset rischiosi sono crollati, ma i trader obbligazionari pensavano che la Fed avrebbero potuto iniziare a tagliare i tassi di interesse per salvare l’economia da una probabile recessione. A quel punto la correlazione è diventata nettamente negativa.
Dopo che il nervosismo delle banche regionali si è attenuato e le probabilità di recessione sono diminuite, i mercati si sono affrettati a correggere le loro aspettative sui tagli dei tassi. Nel frattempo, si è diffusa la mania dell’intelligenza artificiale. Tra aprile e luglio, la propensione al rischio è aumentata e la correlazione è rimasta negativa.
All’inizio di agosto, Fitch Ratings ha declassato gli Stati Uniti da AAA ad AA+ proprio mentre una nuova narrativa stava prendendo piede: i tassi più alti più a lungo. L’attenzione degli investitori sull’intelligenza artificiale è diminuita in assenza di nuovi sviluppi che alimentassero la narrativa e la correlazione è tornata ad essere positiva.
La correlazione è una conseguenza dell’inflazione
La correlazione tra azioni e obbligazioni è stata generalmente positiva nei tre decenni fino alla fine del XX secolo, ed è diventata negativa solo quando l’inflazione ha abbandonato la scena. Per gran parte degli anni 2000 e 2010, le banche centrali sono state in grado di mantenere l’inflazione bassa e stabile. Lo stesso vare per i tassi di interesse ufficiali. In questo contesto, le obbligazioni sono state spesso trattate come beni rifugio.
Se prevedi che le aspettative di inflazione rimangano elevate nel prossimo futuro, allora dovresti prepararti a movimenti all’unisono di obbligazioni e azioni. Nonostante tutta l’incertezza degli ultimi due anni, c’è ancora spazio per credere che stiamo andando verso un risultato positivo. L’inflazione si è costantemente attenuata nell’ultimo anno e le previsioni ora stimano che l’inflazione su base annua – misurata dal deflatore della spesa per consumi personali – probabilmente si sarà moderata a circa il 3,7% a settembre.
Un possibile circolo vizioso
Il passato recente non ci dice molto sul prossimo futuro. Anzi, potrebbe indurci in errore. Non dovremmo preoccuparci eccessivamente per la correlazione positiva tra azioni e obbligazioni. In primo luogo, le correlazioni non devono essere per forza negative per fornire vantaggi di diversificazione. Devono semplicemente rimanere ben al di sotto di 1. In secondo luogo, la correlazione potrebbe presto cambiare.
Esiste, tuttavia, la possibilità che tutta questa faccenda possa alimentare un circolo vizioso. Ora che le correlazioni sono positive, e gli investitori vedono questo fatto come un ostacolo agli sforzi di diversificazione, le obbligazioni potrebbero scendere ancora di più. In altre parole, quando i mercati obbligazionari sono già sotto pressione a causa delle aspettative di inflazione o delle preoccupazioni sul bilancio federale e sull’offerta di debito, le dinamiche di correlazione esacerbano le ricadute.
Un simile cambiamento nella psicologia degli investitori non avviene da un giorno all’altro. Ma più a lungo la correlazione azioni/obbligazioni rimane positiva, più è probabile che ciò si radichi nella psicologia degli investitori.
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