
Il Ritorno dei BTP: l’Italia Riacquista Fiducia, lo Spread BTP-Bund Crolla e Cambia lo Scenario
Nelle sale di negoziazione di Londra, New York e Francoforte, le scrivanie si tingono di numeri che, per l’occhio esperto, raccontano molto più di quanto sembri. Il rendimento dei titoli di Stato italiani è tornato a livelli che non si vedevano da oltre un decennio,

Accordo Commerciale USA-Cina: Tregua Mineraria e Dazi al 55%
Tra polvere diplomatica e pressioni incrociate, Stati Uniti e Cina hanno chiuso a Londra due giorni di trattative serrate che segnano un momento di svolta, o forse solo una pausa tattica. I due giganti economici hanno raggiunto un’intesa preliminare per attuare l’accordo di Ginevra: dazi

Stati Uniti e Terre Rare: Quanto è Reale la Dipendenza dalla Cina?
Le terre rare sono diventate il simbolo delle tensioni commerciali tra Washington e Pechino. Una riga di elementi nella tavola periodica si è trasformata in un’arma diplomatica. Si parla di materiali poco noti e di un’esposizione industriale che, secondo molti osservatori, lascia gli Stati Uniti

Costi e Commissioni degli Investimenti: Ecco Quanto ti Stanno Togliendo Ogni Anno
Chi mette mano ai mercati si preoccupa spesso di guadagnare. Raramente si domanda quanto lascia sul tavolo ogni anno. In silenzio, le commissioni si portano via una fetta crescente del rendimento, mese dopo mese, senza mai sbagliare il bersaglio. Ogni piattaforma impone regole e costi.

Cosa fa muovere Wall Street e la Borsa Europea? Sintesi Macro – Settimana 22
Il mercato azionario statunitense archivia una settimana brillante. L’S&P 500 supera quota 6.000, il dollaro si rafforza, Bitcoin accelera. L’intero listino ha dato prova di coesione, con tutti i settori principali in ascesa. I rendimenti sono saliti con decisione, in particolare quelli a due anni,

Euro contro Dollaro: la Battaglia Persa sul Fronte delle Riserve Valutarie
Nel teatro della finanza globale, ogni moneta ha un ruolo cucito addosso. Il dollaro domina. Lingua franca nei mercati, valuta rifugio nelle crisi, pegno di potenza per chi lo emette. L’euro, nato con ambizioni universali, resta a metà strada tra simbolo tecnico e progetto incompiuto.
Cosa fa muovere Wall Street e la Borsa Europea? Sintesi Macro – Settimana 22

Il mercato azionario statunitense archivia una settimana brillante. L’S&P 500 supera quota 6.000, il dollaro si rafforza, Bitcoin accelera. L’intero listino ha dato prova di coesione, con tutti i settori principali in ascesa.
I rendimenti sono saliti con decisione, in particolare quelli a due anni, arrivati oltre il 4%. Questo movimento segnala che il mercato sta lentamente ridimensionando l’ipotesi di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve. Le probabilità di una riduzione entro settembre sono scese dal 90% al 70%, una revisione che dice molto più di quanto sembri.
Trump ha rilanciato le sue invettive contro Powell, chiedendo un taglio di un punto intero. “Rocket Fuel!”, ha scritto, evocando più una corsa spaziale che la politica monetaria. Intanto la Fed osserva e attende, ben consapevole che l’effetto pieno dei dazi deve ancora manifestarsi sull’inflazione.
Nel frattempo, le trattative commerciali sembrano aver ripreso quota. Trump ha annunciato nuovi colloqui per lunedì. Non è il primo annuncio e potrebbe non essere l’ultimo, ma il solo fatto che se ne parli basta, per ora, a riaccendere l’entusiasmo degli investitori. Il mercato guarda avanti. Scommette su una distensione.
Cosa racconta il report sul lavoro USA di maggio
Il dato ufficiale dice: +139.000 nuovi posti di lavoro. Meglio delle attese (126.000), abbastanza per evitare un crollo delle borse. Però basta grattare la superficie per accorgersi che il quadro è più fragile di quanto sembri.
Le revisioni raccontano un’altra storia. Tutti i dati precedenti sono stati corretti al ribasso. Marzo è stato tagliato di 65.000 unità; aprile di altri 30.000.
La disoccupazione resta al 4,2%, ma per un motivo poco rassicurante. Il numero di disoccupati è salito, ma ancora più evidente è il calo della forza lavoro: 600.000 persone in meno. Gente che si è ritirata dal mercato, smettendo di cercare. Se il tasso resta fermo è perché sempre meno persone sono conteggiate.
Secondo i dati raccolti dalle aziende, i posti sono aumentati. Secondo quelli raccolti dalle famiglie, sono crollati: -696.000 lavoratori in meno. Uno dei due ha torto. Di solito, il secondo è più affidabile nei momenti di svolta.
I lavoratori a tempo pieno sono diminuiti di oltre 600.000. Quelli part-time sono saliti di poco. Significa che più persone si accontentano di lavori a ore, meno stabili e meno pagati. La sanità ha aggiunto 62.000 posti, soprattutto in ospedali e cliniche. Il turismo e la ristorazione sono in ripresa con 48.000 nuovi impieghi. I servizi sociali continuano a crescere, mentre il governo federale perde ancora terreno (-22.000).
Le paghe orarie sono aumentate dello 0,4% nel mese, più del previsto. Su base annua, +3,9%. A prima vista è una buona notizia, ma se l’inflazione resta debole, la Fed potrebbe ritardare i tagli ai tassi.
Il tasso di partecipazione al lavoro è sceso al 62,4%. Anche il rapporto tra occupati e popolazione cala. Significa che una parte crescente della popolazione non lavora e non cerca. Sei milioni di persone dicono di voler lavorare, ma non vengono conteggiate perché non cercano attivamente. Tra loro ci sono 1,6 milioni di scoraggiati che hanno perso fiducia nel mercato. Questo è un segnale da non ignorare.
BCE, taglio numero otto
Dopo l’ottavo taglio consecutivo, la Banca Centrale Europea ha portato il tasso sui depositi al 2%. Una mossa attesa, ma dal sapore finale. “Stiamo arrivando alla fine del ciclo di politica monetaria”, ha detto in modo diretto Christine Lagarde.
La stretta sul credito era iniziata con l’inflazione fuori controllo, spinta da pandemia, guerra in Ucraina e caro energia. Oggi lo scenario è diverso. I prezzi rallentano, la crescita langue, l’aria si è fatta più leggera. L’obiettivo di Francoforte ora è mantenere l’equilibrio. Né troppo rigidi, né troppo lenti.
Le nuove proiezioni dell’Eurotower mostrano un’inflazione destinata a scendere sotto il target già nel terzo trimestre di quest’anno. Il dato stimato per il 2026 è 1,6%. Un cambio netto rispetto agli ultimi anni. Le incertezze restano forti, soprattutto una.
Le tensioni commerciali con gli Stati Uniti pesano come macigni. Gli attuali dazi al 10% sulle esportazioni europee potrebbero salire fino al 50% già da luglio, se i negoziati con Washington non portano a un’intesa. Un’ipotesi che toglierebbe ossigeno a industria e consumi e aprirebbe la strada a nuovi stimoli monetari, anche oltre settembre.
La moneta unica si è rafforzata dopo l’annuncio, tornando a quota 1,14 sul dollaro. I mercati si aspettano che la Fed tenga duro, mentre la BCE ha ormai quasi finito le sue munizioni. Ma un euro troppo forte penalizza le esportazioni e rischia di spingere ancora più in basso l’inflazione.
I rendimenti dei titoli di Stato a breve termine sono risaliti. Quello tedesco a due anni è salito all’1,86%, segno che gli operatori iniziano a dubitare di altri tagli a breve. Settembre resta possibile, ma non più certo. Tutto dipenderà da dazi, crescita e tenuta dei consumi.
Per il 2026 si prevede un’espansione dell’economia dell’Eurozona dell’1,1%. Poco, ma sufficiente a evitare scenari cupi. La spinta dovrebbe arrivare dalla spesa pubblica: infrastrutture, difesa e transizione verde. Lagarde ha citato anche la forza del mercato del lavoro e la crescita dei redditi come elementi di stabilità.
La BCE ha pubblicato anche due scenari alternativi. Uno ottimistico, con più crescita e inflazione stabile. Uno pessimista, con meno crescita e un’inflazione ancora più debole. Entrambi plausibili. A conferma che la politica monetaria si muove oggi su un terreno scivoloso.
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