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Cosa fa muovere Wall Street e la Borsa Europea? Sintesi Macro – Settimana 38
Per i trader di Wall Street, sempre più audaci e pronti a scommettere, il recente taglio dei tassi da parte di Jerome Powell è stato un vero e proprio momento di gloria. Ora, con una Federal Reserve più “amica” che sostiene l’economia, emerge una nuova sfida: le valutazioni dei titoli.
Le azioni USA sono schizzate a nuovi massimi, le materie prime hanno ripreso a crescere e la volatilità del mercato obbligazionario è crollata. Il Nasdaq 100, in particolare, ha segnato il miglior incremento di due settimane dall’ultimo novembre. L’S&P 500 ha segnato la 39esima chiusura record dell’anno.
Gli investitori sembrano convinti che l’economia non riservi sorprese negative, come dimostra anche il balzo delle azioni a piccola capitalizzazione, considerate le più sensibili ai cambiamenti economici, che hanno segnato sette giorni di fila in rialzo, un record dal 2021. Gli ETF legati a settori ciclici, come le banche, hanno attirato 13 miliardi di dollari, il maggior afflusso in tre anni.
Ma c’è un problema: i prezzi delle azioni sono decisamente “tirati”. Il cosiddetto “Buffett Indicator”, che mette a confronto la capitalizzazione di mercato delle azioni con il PIL degli Stati Uniti, è vicino a un massimo storico. Lo stesso Warren Buffett, noto per la sua lungimiranza, ha recentemente tagliato alcune partecipazioni azionarie di alto profilo tra cui Apple e Bank of America.
Le alte valutazioni dei titoli rendono il mercato più vulnerabile a eventuali scossoni. In pratica, se dovesse succedere qualcosa che spaventa gli investitori, come un calo inaspettato degli utili delle grandi aziende tech o un’impennata dell’inflazione, il mercato potrebbe vacillare. Secondo un modello che tiene conto dei rendimenti dell’S&P 500 e dei tassi dei Treasury, i prezzi attuali sono più alti rispetto a qualsiasi dei precedenti 14 cicli di allentamento della Fed.
Anche sul mercato dei Treasury, la situazione è complessa. I trader scommettono su tagli dei tassi più aggressivi di quelli previsti dalla Fed, pensando che i tassi scenderanno al 2,8% entro il 2025. Ma la Fed prevede un livello del 3,4%, secondo le ultime stime.
Fed: Taglio dei Tassi, Ma Restano Dubbi su Economia e Inflazione
La Fed ha appena dato il via a un ciclo di riduzione dei tassi di interesse con un taglio più ampio del previsto, di mezzo punto percentuale, portando il tasso di riferimento nella fascia 4,75%-5,00%. Una mossa pensata per mostrare la determinazione dei policymakers nel mantenere la disoccupazione bassa ora che l’inflazione sembra essere sotto controllo.
Powell ha definito il taglio un “buon inizio”, segnalando una maggiore fiducia sul fatto che il picco inflazionistico sia ormai alle spalle. Non tutti erano d’accordo: la governatrice Michelle Bowman ha votato contro, preferendo un taglio più moderato, di soli 25 punti base. Questo dissenso, il primo da quando Powell è a capo della Fed, dimostra quanto il dibattito interno sia acceso e quanto l’inizio di questo ciclo di tagli sia stato discusso.
Oltre al taglio di mercoledì, la Fed prevede ulteriori riduzioni: un altro 0,50% entro la fine dell’anno, un punto percentuale nel 2025 e un ulteriore 0,50% nel 2026. Queste previsioni a lungo termine, però, sono da prendere con le pinze, visto che il contesto economico può cambiare rapidamente.
Powell ha cercato di rassicurare: l’economia è forte, con un mercato del lavoro solido. Ma ha anche riconosciuto che è meglio agire ora, quando il mercato del lavoro è robusto, piuttosto che aspettare segni di crisi. “Meglio supportare il mercato del lavoro quando è forte, piuttosto che aspettare i licenziamenti”, ha spiegato.
Nonostante il taglio di tassi, l’inflazione è ancora leggermente sopra l’obiettivo del 2%. La Fed prevede che l’inflazione scenderà al 2,3% entro la fine dell’anno e al 2,1% nel 2025, con il tasso di disoccupazione stabile al 4,4% fino al 2025. Anche la crescita economica è vista intorno al 2% per i prossimi anni, segno che la Fed non prevede grandi cambiamenti all’orizzonte.
Questo movimento segna un cambio di passo importante nella politica monetaria USA, segnalando che la Fed è ormai a suo agio con l’idea che l’inflazione possa rientrare nei parametri desiderati senza ulteriori interventi drastici.
Bank of Japan: Nessuna Fretta per Nuovi Rialzi dei Tassi
La Bank of Japan ha mantenuto i tassi di interesse stabili allo 0,25% venerdì scorso, segnalando che, in un contesto di incertezza globale, può permettersi di aspettare prima di intraprendere nuovi rialzi.
Il governatore Kazuo Ueda ha dichiarato che l’economia giapponese è in linea con le previsioni, grazie alla crescita dei salari che sta sostenendo i consumi, ma i rischi legati all’economia statunitense e alla volatilità dei mercati finanziari richiedono prudenza.
Nonostante il recente rialzo dei tassi di luglio e la fine dei tassi negativi a marzo, Ueda ha ribadito che la BoJ non ha fretta di procedere con ulteriori strette monetarie. Questo ha indebolito lo yen, creando incertezza su quando avverrà il prossimo rialzo che molti avevano previsto entro la fine dell’anno. L’annuncio ha sorpreso i mercati, che speravano in segnali più chiari riguardo a possibili aumenti futuri.
Ueda ha sottolineato che l’inflazione è sulla buona strada per raggiungere stabilmente l’obiettivo del 2%, ma la BoJ preferisce prendersi tempo prima di agire. “Dobbiamo esaminare attentamente gli sviluppi globali, soprattutto quelli dell’economia statunitense”, ha dichiarato durante la conferenza stampa.
La volatilità dei mercati è un’altra grande preoccupazione per i vertici della BoJ, soprattutto dopo il rialzo dei tassi di luglio, che ha provocato un’impennata dello yen e forti cali nei prezzi azionari. Ueda ha quindi ribadito che la banca centrale monitorerà attentamente la situazione e agirà solo se le previsioni economiche e di inflazione saranno confermate.
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