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Il Ritorno della Russia nei Mercati Finanziari: Gli Investitori Fiutano Opportunità, ma i Rischi Restano
Negli ultimi mesi alcuni investitori hanno iniziato a cercare qualcosa che fino a poco tempo fa sembrava impossibile da toccare: il debito russo. La richiesta arriva soprattutto da family office del Medio Oriente, interessati ai bond in dollari emessi da Gazprom. Ma c’è un problema: chi li possiede non vuole venderli, oppure chiede prezzi molto più alti rispetto a quelli attuali. Questa scarsità di offerta unita a una crescente domanda ha fatto scendere i rendimenti sui bond russi in dollari ed euro di circa cinque punti percentuali solo a febbraio. I grandi fondi stanno ricevendo proposte da Wall Street per scommettere sul rublo attraverso derivati finanziari non soggetti alle sanzioni. Secondo i dati della Banca di Russia, il rublo ha guadagnato il 13% sul dollaro da inizio anno. Goldman Sachs e JPMorgan, intanto, stanno facendo da intermediari per facilitare questo ritorno di interesse per gli asset russi. I segnali sono chiari: gli investitori stanno scommettendo sul fatto che l’apertura di Donald Trump verso Mosca possa portare, prima o poi, a una rimozione delle sanzioni imposte dopo l’invasione dell’Ucraina nel 2022.
Un azzardo geopolitico
Il ritorno della Russia nei mercati finanziari internazionali è tanto una questione economica quanto geopolitica. In ballo ci sono centinaia di miliardi di dollari in investimenti e scambi commerciali, ma anche l’eventuale rimozione delle sanzioni da parte di Stati Uniti e Unione Europea.
Putin, dal canto suo, sta cercando di attrarre Trump con la promessa di nuovi progetti congiunti tra Russia e USA. Ma chi sta scommettendo sulla fine delle sanzioni deve fare i conti con molte incognite. Da un lato, ci sono i rischi reputazionali per chi decide di riallacciare rapporti con un Paese coinvolto nella più grande guerra europea dalla Seconda Guerra Mondiale. Dall’altro, le incognite legali: se le sanzioni non venissero rimosse, gli investimenti potrebbero diventare carta straccia.
Trump stesso ha dichiarato il 7 marzo di stare “valutando seriamente” nuove sanzioni bancarie contro Mosca, mentre continua a lavorare a un accordo di pace. Intanto, in Europa si discute di piani per aumentare la spesa militare fino a 800 miliardi di euro per affrontare un futuro incerto.
Tornare in Russia non sarà facile
Anche se gli investitori stanno fiutando l’affare, il ritorno della Russia nei mercati finanziari globali non sarà immediato. Dopo tre anni di guerra, l’economia russa si è adattata a un nuovo assetto, con un’enorme espansione della spesa militare. Nel 2025 il Cremlino prevede di destinare il 40% del bilancio statale alla difesa e alla sicurezza interna.
Ma c’è un altro ostacolo: la stessa Russia potrebbe non essere così entusiasta di accogliere nuovamente gli investitori occidentali. Dopo il ritiro delle multinazionali nel 2022, Mosca ha imposto condizioni durissime alle aziende che volevano lasciare il Paese, costringendole a vendere le proprie attività a prezzi stracciati o a cederle a oligarchi vicini al Cremlino. Secondo alcune fonti, la Russia potrebbe applicare gli stessi criteri selettivi a chi vuole tornare, favorendo solo gli investitori che portano vantaggi concreti all’economia russa.
Le sanzioni saranno davvero eliminate?
Oggi, decine di migliaia di aziende, enti statali, oligarchi e politici russi, incluso Putin, sono ancora sotto sanzioni occidentali. Circa 300 miliardi di dollari della Banca Centrale Russa sono congelati in Europa e negli Stati Uniti, mentre altri 58 miliardi appartenenti agli oligarchi sono stati bloccati.
Per ora, Putin non sembra particolarmente interessato a chiedere la revoca delle sanzioni per i miliardari russi. Anzi, potrebbe addirittura essergli utile che le restrizioni rimangano, obbligandoli a investire in Russia invece di spostare i capitali all’estero.
Nonostante le sanzioni, l’economia russa non è mai stata completamente isolata. Grazie al commercio con la Cina e altri Paesi asiatici, Mosca è riuscita ad aggirare molte restrizioni, vendendo petrolio a prezzi più bassi attraverso una “flotta ombra” di petroliere. Il commercio tra Russia e Cina è cresciuto del 66% dal 2021, raggiungendo un record di 244,8 miliardi di dollari nel 2024.
Alcune aziende russe nel settore delle materie prime iniziano però a preoccuparsi di un’eccessiva dipendenza dalla Cina e sarebbero pronte a vendere di nuovo all’Occidente, se solo potessero. Ma anche se il mercato europeo riaprisse le porte, la Russia potrebbe non essere più così disposta a tornare indietro, avendo ormai consolidato i suoi rapporti con i mercati asiatici.
Trump e il potere di togliere le sanzioni
Trump potrebbe revocare molte delle sanzioni con un semplice ordine esecutivo, ma non avrebbe carta bianca. Alcune misure richiederebbero un periodo di revisione di 30 giorni e un possibile voto del Congresso. Inoltre, se gli Stati Uniti allentassero le sanzioni mentre l’Europa le mantenesse, si creerebbe un’enorme confusione per le aziende che operano a livello globale.
Conclusioni
Al di là delle speculazioni finanziarie e delle manovre geopolitiche, il futuro della Russia nei mercati finanziari globali rimane avvolto da un’incertezza che va oltre il semplice gioco dell’offerta e della domanda. I capitali possono muoversi rapidamente, ma la fiducia, una volta incrinata, impiega molto più tempo a ricostruirsi.
Il vero interrogativo non è solo quando (o se) la Russia tornerà a essere un mercato accessibile agli investitori globali, ma a quali condizioni. Gli anni di isolamento hanno trasformato Mosca in un attore più indipendente dall’Occidente, con nuove alleanze economiche e una visione meno incline ai compromessi. Se e quando le porte si riapriranno, sarà una Russia diversa quella che gli investitori troveranno: più selettiva, più esigente e, forse, meno disposta ad accogliere il capitale occidentale senza chiedere nulla in cambio.
Chi scommette oggi sul ritorno della Russia nei mercati finanziari sta giocando su un terreno che non è più quello di qualche anno fa. E se c’è una lezione che gli ultimi anni hanno insegnato agli investitori, è che i mercati non sono immuni dalla politica, e la politica, spesso, gioca con regole che cambiano all’improvviso.
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