L’impatto del rallentamento della Cina sugli Stati Uniti secondo uno studio della Fed

Nonostante le preoccupazioni per la debole ripresa dopo l’allentamento delle restrizioni Covid, molti rassicurano che l’impatto del rallentamento economico della Cina sugli Stati Uniti si rivelerà limitato. Ad esempio, gli economisti di Wells Fargo stimano che se la produzione totale della Cina diminuisse del 12,5% in tre anni, la crescita degli Stati Uniti scenderebbe solo di 0,2 punti percentuali nel 2025.

L’importanza globale della Cina è cresciuta rapidamente negli ultimi 20 anni. Da quando è entrata a far parte dell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001, la Cina ha aumentato la propria presenza nell’economia globale attraverso il commercio e il canale finanziario.

La crescita della Cina è stata sempre più alimentata dal credito e focalizzata sugli investimenti, il che ha portato allo sviluppo di notevoli vulnerabilità finanziarie. In particolare, il debito societario non finanziario rappresenta un rischio e la crisi del mercato immobiliare non mostra segni di miglioramento.

Le attività di intermediazione finanziaria non tradizionale (shadow-banking) sono proliferate. Le banche tradizionali hanno profondi legami con le attività e le istituzioni del sistema bancario ombra. Questi sviluppi lasciano il sistema finanziario fortemente esposto al debito rischioso delle imprese e dei governi locali.

Le autorità cinesi dispongono ancora di risorse considerevoli per affrontare i problemi, ma lo spazio politico è diminuito negli ultimi anni. Nel complesso, l’aumento delle vulnerabilità finanziarie ha aumentato le preoccupazioni per un atterraggio duro in Cina e le potenziali ricadute globali.

L’impatto del rallentamento della Cina sugli Stati Uniti

Uno studio della Federal Reserve pubblicato nel 2019 ha analizzato l’impatto del rallentamento della Cina sugli Stati Uniti. Al tempo gli economisti avevano esaminato uno scenario in cui la crescita della Cina sarebbe scesa di 4 punti percentuali in un anno. Una fuga globale verso la sicurezza da parte degli investitori avrebbe fatto impennare il dollaro di circa il 7% e causato il crollo sia dei rendimenti dei Treasuries che delle azioni. La crescita degli Stati Uniti sarebbe scesa di oltre 1 punto percentuale.

Gli autori dello studio hanno notato che il commercio con la Cina rappresenta solo una modesta percentuale del prodotto interno lordo degli Stati Uniti. Ma hanno concluso che una recessione nella seconda economia mondiale causerebbe un danno reale agli Stati Uniti in gran parte attraverso i mercati finanziari. I timori di un atterraggio duro della Cina aumentano la volatilità finanziaria e spingono al rialzo il dollaro. Ciò potrebbe rendere gli investitori avversi al rischio e inasprire le condizioni del credito.

L’episodio del 2015-16

La prova della possibilità che i problemi della Cina si ripercuotano sui mercati finanziari statunitensi deriva da un episodio iniziato nell’agosto 2015. La fuga di capitali dalla Cina ha provocato un improvviso deprezzamento dello yuan e precipitosi cali per le azioni cinesi. Le turbolenze si sono rivelate contagiose, facendo crollare l’indice S&P 500 di oltre l’11% nell’arco di poco più di una settimana.

All’epoca i politici della Fed abbandonarono il piano di aumento dei tassi di interesse, rimandandolo alla fine del 2015. Mentre si prevedeva che la banca centrale statunitense avrebbe aumentato i tassi altre quattro volte l’anno successivo, le continue preoccupazioni sulla Cina hanno contribuito a una pausa prolungata dei tassi.

Alla fine, le peggiori preoccupazioni sull’economia cinese nell’episodio del 2015-16 si sono rivelate infondate, poiché ha continuato a registrare tassi di espansione intorno al 7% – lasciando senza risposta la domanda su cosa sarebbe successo nel caso di un’effettiva contrazione di 4 punti percentuali dell’economia cinese.

I paesi emergenti sarebbero i più colpiti

Lo studio della Fed ha dimostrato che i paesi emergenti che fanno affidamento sulla Cina come mercato di esportazione risentirebbero maggiormente di un calo della domanda per i loro beni e materie prime.

Oggi, una situazione del genere aggiungerebbe tensione in un momento in cui il livello del debito dei paesi in via di sviluppo è già elevato. Dopo la pandemia di Covid e l’impennata dei costi alimentari ed energetici innescata dall’invasione russa dell’Ucraina, la sofferenza tra i paesi a basso reddito è al suo livello peggiore dall’inizio degli anni ’80.

Le vulnerabilità finanziarie della Cina

La Cina ha sviluppato notevoli vulnerabilità finanziarie dopo la crisi finanziaria globale. Il sistema finanziario è cresciuto rapidamente ed è diventato molto grande. Questo fatto, di per sé, non segnala necessariamente vulnerabilità. Ma, su molti fronti, gli sviluppi nel sistema finanziario cinese nel corso degli ultimi anni sono preoccupanti.

Il credito privato non finanziario della Cina è raddoppiato dalla crisi finanziaria globale. Oltre all’elevato indebitamento delle imprese, anche il debito delle famiglie è aumentato considerevolmente.

Il sistema bancario è fortemente esposto ai rischi aziendali e al debito dei governi locali. Invece, il settore finanziario non bancario è sensibile alla liquidità.

Nonostante i livelli di capitale delle banche appaiono adeguati, potrebbero rivelarsi insufficienti in caso di rallentamento più marcato dell’attività economica, soprattutto tenendo conto dei profondi legami delle banche con il sistema bancario ombra e il settore immobiliare.

Le notevoli vulnerabilità del sistema finanziario cinese potrebbero costituire un terreno fertile per un evento che minaccia la stabilità finanziaria. Nelle circostanze attuali, i fattori che potrebbero scatenare una crisi finanziaria includono una serie di inadempienze di obbligazioni societarie e dei governi locali, il peggioramento della crisi del settore immobiliare che danneggia gli investimenti e la spesa dei consumatori e un’ulteriore escalation delle tensioni commerciali che danneggia i profitti e la spesa aziendale.

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