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Cosa fa muovere Wall Street e la Borsa Europea? Sintesi Macro – Settimana 14

Cosa fa muovere Wall Street e la Borsa Europea? Sintesi Macro – Settimana 14
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La Borsa americana ha appena vissuto i suoi peggiori due giorni dal crollo pandemico del marzo 2020. Un’ondata di vendite ha travolto l’S&P 500, giù del 6% solo venerdì. Il Nasdaq 100 è entrato ufficialmente in bear market. Sono bastate sei settimane per far evaporare 6.400 miliardi di dollari dal listino tech. Il colpo di grazia è arrivato dopo l’annuncio dei dazi di Trump.

I nomi che avevano fatto la fortuna degli investitori tech ora guidano il crollo. Apple ha chiuso la settimana a 2.800 miliardi. Nvidia ha perso oltre il 7% in una singola seduta. I titoli più amati dell’intelligenza artificiale, come Marvell e Constellation Energy, sono affondati del 45%.

Il mercato si chiede se tutti quei miliardi spesi in AI abbiano davvero senso nel breve. I costi sono reali. I profitti ancora no. Le infrastrutture sono state costruite, i centri dati espansi, le GPU comprate a peso d’oro. Ma i ritorni? Ancora pochi segnali.

Mentre le azioni crollano, i rendimenti dei Treasury sono scesi sotto il 4%. Il petrolio è affondato ai minimi da quattro anni. Il dollaro ha chiuso la settimana in calo, ma venerdì è tornato a salire. Il VIX, l’indice della volatilità, è schizzato ai massimi da aprile 2020. La paura torna a farsi sentire.

volatilità VIX dazi Trump

Jerome Powell è intervenuto in un discorso pubblico a Washington, durante il quale ha segnalato che la guerra commerciale voluta da Trump potrebbe essere più dannosa del previsto, con inflazione più alta e crescita più lenta come potenziali conseguenze.

L’America sfida il mondo

Trump ha appena sparigliato le carte del commercio mondiale. Ha annunciato dazi minimi del 10% su tutte le importazioni verso gli Stati Uniti e aliquote ben più alte per sessanta Paesi, tra cui Cina, Unione Europea, Giappone e Vietnam. Una manovra che non si vedeva da oltre un secolo e che ha già provocato tensioni diplomatiche ovunque.

Trump ha presentato le cosiddette “tariffe reciproche” come un atto di giustizia economica: “Ora tocca a noi prosperare”, ha detto, circondato da operai e grafici con i nuovi dazi Paese per Paese. Chi ha un surplus commerciale con gli USA, d’ora in poi pagherà caro per esportare.

Ma le conseguenze rischiano di essere tutt’altro che semplici. Economisti e analisti parlano apertamente di stagflazione, di prezzi in salita e crescita in frenata. La Cina, principale bersaglio della stretta, ha promesso contromisure. L’Europa prepara un contrattacco, con la Francia che spinge per colpire le big tech americane. E l’Asia, che finora aveva beneficiato della guerra commerciale con Pechino, si ritrova improvvisamente sulla linea del fuoco.

Trump punta a riportare la produzione in patria e creare nuovi posti di lavoro, ma gli effetti positivi, se arriveranno, richiederanno tempo. Quelli negativi, invece, rischiano di manifestarsi subito. Prezzi più alti, meno fiducia nei consumatori e tensioni geopolitiche crescenti. Un azzardo enorme, che potrebbe ridefinire gli equilibri dell’economia globale… o farli saltare del tutto.

Il mercato del lavoro corre, ma nessuno lo guarda

In un altro contesto, i dati sul lavoro USA pubblicati venerdì avrebbero dominato ogni titolo. Ma non dopo che la Cina ha risposto a muso duro alla stretta di Trump con dazi del 34% sulle merci americane. Con i dazi a ridisegnare in tempo reale lo scenario economico, persino un buon dato sul mercato del lavoro rischia di sembrare già vecchio.

Eppure, il dato è stato tutt’altro che insignificante. Gli Stati Uniti hanno aggiunto 228.000 posti di lavoro a marzo, più del doppio rispetto a febbraio, quando le assunzioni erano state solo 117.000. Un balzo che ha sorpreso anche gli analisti più ottimisti e superato di netto le attese di Wall Street.

Nonostante ciò, il tasso di disoccupazione è salito leggermente, passando dal 4,1% al 4,2%, con un piccolo aumento del numero di disoccupati. Ma anche la forza lavoro è cresciuta, e il numero totale degli occupati ha comunque registrato un progresso di 201.000 unità.

Il vero segnale positivo, per chi guarda con ansia alla Fed, arriva dai salari. La crescita annuale dei salari si è fermata al 3,8%, sotto il 4% stimato e in calo rispetto al mese precedente. Un rallentamento che potrebbe dare alla banca centrale un buon motivo per riprendere a tagliare i tassi nei prossimi mesi, come ormai scommettono molti investitori.

Nei dettagli, i settori che hanno trainato l’occupazione sono stati sanità, assistenza sociale, commercio al dettaglio e trasporti. La sanità ha aggiunto 54.000 posti, in linea con la media annuale. Il commercio ha beneficiato anche del rientro di lavoratori dopo uno sciopero, mentre nel comparto dei trasporti sono aumentati i corrieri e gli autisti di camion. Male invece il settore pubblico federale, che ha perso altri 4.000 posti dopo un calo già registrato a febbraio.

non farm payroll marzo

Se da un lato il mercato del lavoro sembra in forma, dall’altro c’è una crescente consapevolezza che il vero problema sta altrove. Con i dazi che volano da una parte all’altra del Pacifico, le imprese iniziano a fare i conti con una domanda globale più debole e filiere produttive a rischio.


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MARCO CASARIO

Gli italiani sono tra i popoli più ignoranti in ambito finanziario.

Non per scelta ma perché nessuno lo ha mai insegnato. Il mio scopo è quello di educare ed informare le persone in ambito economico e finanziario. Perché se non ti preoccupi dell'economia e della finanza, loro si occuperanno di te.

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