
Cosa fa muovere Wall Street e la Borsa Europea? Sintesi Macro – Settimana 38
Nonostante per mesi sia stato detto che la Fed voleva mantenere i tassi “più alti più a lungo” e che una “pausa” non avrebbe rappresentato l’inizio di un ciclo di tagli dei tassi, i mercati lo hanno ignorato fino alla scorsa settimana. I rendimenti reali,

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La Fed lascia i tassi invariati e segnala la possibilità di un altro aumento
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Siamo all’inizio di un nuovo mercato rialzista innescato dalla Fed o stiamo solo assistendo a un rally del mercato ribassista? Dopo una delle prime metà dell’anno peggiori della storia, la performance di luglio è stata notevole. Il giorno della Fed sembra aver agito da catalizzatore alla spinta al rialzo.
I partecipanti al mercato sembrano anticipare un cambio di politica della Federal Reserve per via dei dati macroeconomici in peggioramento. Se questo accadesse davvero potrebbe sostenere un mercato rialzista. Ma è veramente possibile che la Fed ponga fine ai rialzi dei tassi d’interesse nei prossimi mesi?
Le dichiarazioni di Powell
La scorsa settimana, alla conferenza stampa, Powell ha affermato che la Fed dipenderà dai dati per le sue decisioni riguardo al percorso di inasprimento, sottolineando inoltre che non solo si aspetta un rallentamento dell’attività economica, ma che questo è un risultato desiderato affinché la banca centrale raggiunga il suo obiettivo di riportare l’inflazione sotto controllo.
Secondo Powell, i funzionari della Fed potrebbero aumentare i tassi di altri 75 punti base al prossimo incontro, a seconda dei dati che usciranno da qui al 20-21 settembre.
L’affermazione che meno farebbe pensare che un cambiamento della politica della Fed sia vicino è stata quella secondo cui fare troppo poco in termini di inasprimento sarebbe di gran lunga peggiore rispetto a fare troppo. E’ chiaro che la priorità della Fed non è la crescita economica.
Cosa pensano gli altri funzionari della Fed?
I funzionari della Federal Reserve hanno effettivamente respinto la narrativa dei mercati finanziari secondo cui la banca centrale è vicina a un pivot della politica per evitare di sprofondare l’economia. Ieri, quattro presidenti di banche distrettuali della Fed hanno evidenziato che non vi è ancora alcun segno di rallentamento dell’inflazione.
Il presidente della Fed di San Francisco Mary Daly ha affermato che i funzionari sono risoluti e completamente uniti nell’obiettivo di far scendere l’inflazione intorno all’obiettivo di inflazione del 2%.
Mester ha detto al Washington Post durante un evento in live streaming che vuole vedere “prove molto convincenti” che gli aumenti dei prezzi mensili si stanno moderando prima di poter affermare che il ciclo di inasprimento della banca centrale statunitense sta raggiungendo il suo obiettivo.
Evans, parlando con i giornalisti, ha affermato che i responsabili politici sono “probabilmente a un paio di rapporti di distanza” dal vedere il tipo di miglioramento dei dati sull’inflazione che rafforzerebbe l’idea di essere sulla strada giusta con l’inasprimento monetario. Evans pensa che un percorso verso un tasso del 3,5% entro la fine dell’anno attraverso un aumento di mezzo punto alla riunione di settembre e aumenti di un quarto di punto alle riunioni di novembre e dicembre sia ancora ragionevole. Se l’inflazione non mostrerà segni di miglioramento, il FOMC potrebbe dover rivedere al rialzo il percorso degli aumenti.
I dati recenti
Dopo il giorno del FOMC, i dati hanno mostrato che il prodotto interno lordo statunitense si è contratto per il secondo trimestre consecutivo, confermando la recessione tecnica predetta dal GDPNow della Fed di Atlanta.
Il PMI manifatturiero di S&P Global è sceso a 52,2 a luglio da 52,7 di giugno, il livello più basso da luglio 2020. La diminuzione dei nuovi ordini in entrata è stata accompagnata da un indebolimento della crescita del personale ai minimi degli ultimi sei mesi. Il settore dei servizi è sprofondato in contrazione, con la lettura del PMI a 47, da 52.7 di giugno.
La traiettoria a lungo termine de Leading Indicator Index del Conference Board ha subito un forte rallentamento il mese scorso.
Viene automatico chiedersi se tutti questi dati siano già stati scontati e che cosa potrebbe accadere se continuassero a peggiorare. Avremo un mercato rialzista se gli Stati Uniti sprofonderanno in una recessione ufficiale?
La stagione degli earnings
Per le 264 società dell’S&P 500 che hanno riportato gli utili del secondo trimestre finora, la crescita media è del -1,5%. Settori come l’energia +(355%), gli industriali (+40%) e l’assistenza sanitaria (+19%) distorcono leggermente i dati.
Dato il calo del 20% dei prezzi del petrolio dal picco di metà giugno, è improbabile che il settore energetico ripeta queste performance. Forse ancora più preoccupante è che le società del settore tecnologico abbiano riportato complessivamente una crescita degli utili negativa per la prima volta dall’inizio degli anni 2000.
Gli analisti stanno rivedendo le loro stime sulla crescita degli utili e i downgrade superano di gran lunga gli upgrade. Questo non farebbe pensare all’inizio di un nuovo mercato rialzista.
Siamo sicuri che la Fed sia vicina ad allentare?
Gli investitori azionari sono stati impegnati ad analizzare i dati del PMI per confermare la narrativa del pivot della Fed. Tuttavia, per la banca centrale questi dati non sembrano essere così importanti. Non c’è nessuna correlazione chiara tra le letture del PMI e i tassi della Fed, indipendentemente dal ritardo coinvolto.
Powell ha ripetutamente fatto riferimento alle proiezioni di giugno dei funzionari della Fed, che mostrano che il tasso sui fondi federali raggiungerà il 3,8% nel 2023, oltre 50 punti base in più rispetto a quanto si aspettano attualmente i mercati finanziari.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, maggiore è l’eccesso di domanda di lavoro, maggiore deve essere l’inasprimento della Fed. L’ultima lettura dell’indice del costo del lavoro sottolinea quanto sia ancora rigida la situazione. I salari per i lavoratori del settore privato sono aumentati del 5,7% rispetto all’anno precedente.
Inoltre, i funzionari della Fed ritengono che il tasso di disoccupazione coerente con la stabilità dei prezzi sia significativamente più alto di quanto non fosse durante l’ultima espansione economica. Ciò significa che sarà necessario sacrificare più posti di lavoro per tenere sotto controllo l’inflazione.
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