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I tassi sui mutui continuano a salire. Calano i prestiti e la fiducia delle imprese
La stretta monetaria della Banca Centrale Europea per contenere gli effetti dell’inflazione continua a mostrare i suoi effetti e sembra peraltro aver iniziato a danneggiare il mercato del credito. I prestiti erogati dalle banche sono calati. Allo stesso tempo, i tassi sui mutui continuano ad avanzare, una salita che va avanti ormai praticamente senza sosta da più di un anno. Tutto ciò sta contribuendo a minare la fiducia delle imprese sulle prospettive economiche dell’Italia. E’ quel che emerge dai dati pubblicati da Bankitalia ieri mattina.
Secondo i dati della serie “Banche e moneta”, i tassi di interesse sui prestiti erogati alle famiglie per l’acquisto di case hanno raggiunto il 4,67% ad agosto, in rialzo rispetto al 4,58% di luglio. Ad agosto del 2022 i tassi sui mutui erano al 2,25%, quasi la metà del livello attuale. II tasso annuale effettivo globale (Taeg) sulle nuove erogazioni di credito al consumo si è attestato al 10,63% (10,48% nel mese precedente). Al contrario, i tassi di interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sono leggermente diminuiti al 5,01% (5,09% nel mese precedente). Nel complesso, gli interessi sui depositi sono stati pari allo 0,79% (0,76% precedente).
Calano i prestiti erogati dalle banche
I prestiti al settore privato sono diminuiti del 3,4% rispetto all’anno scorso, in calo rispetto al -2,3% registrato a luglio. In particolare, i prestiti alle famiglie sono diminuiti dello 0,6%, contro il -0,3% di luglio. Nel frattempo, i prestiti alle società non finanziarie sono diminuiti del 6,2%. Ciò si confronta con il calo del 4,0% del mese precedente. I depositi del settore privato sono stati in calo del 5,4% rispetto all’anno scorso (contro il -6,5% di luglio).
Peggiorano le aspettative delle imprese italiane
In un’altra indagine di Bankitalia sulle aspettative di crescita delle imprese italiane condotta tra agosto e settembre emerge che le valutazioni delle imprese italiane sulla situazione economica del Paese e le attese sulle proprie condizioni operative sono significativamente peggiorate. La domanda complessiva si è deteriorata, risentendo del calo della componente estera per la prima volta dalla fine del 2020.
Il 20% delle imprese ritiene che le condizioni di accesso al credito siano peggiorate rispetto ai tre mesi precedenti. Si è ulteriormente deteriorato rispetto alla scorsa rilevazione il giudizio sulle condizioni per investire, proseguendo una tendenza in atto dall’inizio del 2022. La quota delle valutazioni di peggioramento è aumentata di 7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente (al 35%).
Queste rilevazioni si aggiungono alla nota mensile dell’Istat sull’andamento dell’economia. A settembre l’indice di fiducia dei consumatori è sceso per la terza volta consecutiva, raggiungendo il valore più basso dallo scorso giugno. In particolare, l’istituto evidenzia un deciso peggioramento dei giudizi sulla situazione economica generale, un aumento delle attese sulla disoccupazione e un miglioramento delle valutazioni della situazione finanziaria delle famiglie. Anche l’indice del clima di fiducia delle imprese ha fornito indicazioni negative, registrando un calo che segue quello leggermente più marcato di agosto. La diminuzione della fiducia è stata estesa a tutti i settori di attività, con l’eccezione delle costruzioni in cui i giudizi sugli ordini/piani di costruzioni sono stati positivi mentre le aspettative sull’occupazione hanno mostrato una dinamica negativa.
La debolezza dell’economia italiana
I risultati delle inchieste di famiglie e imprese suggeriscono che la fase di debolezza dell’economia italiana potrebbe proseguire nei prossimi mesi. Dopo un primo trimestre forte, nel secondo trimestre si è registrata una contrazione a fronte di una domanda domestica relativamente debole.
L’Italia sta affrontando un indebolimento del settore manifatturiero industriale e degli investimenti dell’edilizia. Anche il settore dei servizi sta attraversando una fase di debolezza. In Italia si vede da una parte l’impulso positivo del Pnrr e dall’altra l’indebolimento di costruzioni e manifattura, in un contesto in cui i servizi si indeboliscono a livello globale.
Il Fondo monetario internazionale ha ridotto le stime per l’Italia allo 0,7% sia per il 2023 che per il 2024. La Nadef parla di un prodotto interno lordo allo 0,8% nel 2023. Per il 2024, la previsione è dell’1,2%. Per quanto riguarda l’inflazione, questa scenderà in Italia così come negli altri paesi dell’area dell’euro grazie al riallineamento del prezzi dell’energia e al restringimento delle condizioni di finanziamento.
Lo stimolo del programma finanziato dall’Europa dovrebbe vedersi in maniera più evidente nel 2024, secondo l’Istat, che immagina un prodotto lordo a rilento nei prossimi mesi, dovuto anche alla difficoltà delle famiglie a ottenere prestiti e mutui e al basso potere d’acquisto, visto che i salari – corretti per l’aumento dei prezzi – sono tornati sotto i livelli del 2009.
La crescita economica potrebbe risentire anche dell’instabilità in Medio Oriente, che potrebbe peggiorare i commerci internazionali e aumentare i prezzi dell’energia in un quadro già incerto a causa della guerra in Ucraina.
In aggiunta a tutto ciò, c’è sempre l’ombra del debito pubblico. Secondo il Fmi quello italiano arriverà al 143,7% nel 2023 e al 143,2% nel 2024 per poi scendere progressivamente al 140,1% nel 2028.
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