Cosa fa muovere i mercati? Sintesi Macro – Settimana 41

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La tabella è da intendersi solo ed esclusivamente a scopo informativo e didattico. Nessuna informazione o dato in essa contenuti vuole essere un consiglio finanziario per il lettore, che declina l’autore da qualsiasi responsabilità.

Una settimana da ricordare quella che si è appena conclusa. Giovedì gli investitori azionari si sono scrollati di dosso un’altra lettura rovente dell’indice dei prezzi al consumo statunitensi mettendo in scena un’inversione quasi senza precedenti.

Il rally però è svanito altrettanto velocemente il giorno dopo, quando il sondaggio dell’Università del Michigan ha mostrato che le aspettative di inflazione per il prossimo anno sono aumentate per la prima volta in sette mesi.

Ciò ha lasciato l’S&P 500 in calo dell’1,6% nella settimana, portando le perdite dall’inizio dell’anno a quasi il 25%. L’indice ha registrato il suo 23° calo settimanale di almeno l’1% quest’anno.

Il Dow Jones Industrial Average è avanzato dell’1,2% nella sua seconda settimana consecutiva al rialzo mentre il Nasdaq ha recuperato quasi tutti i guadagni di giovedì, chiudendo in ribasso di oltre il 3%.

Durante la settimana, i consumer staples e l’healthcare hanno sovraperformato mentre i consumer discretionary e le tech sono stati i peggiori.

performance settori S&P 500 settimana 41
Dati elaborati dalla piattaforma Quantaste

Le violente oscillazioni evidenziano quanto sia diventato difficile prevedere le reazioni degli investitori, la cui ossessione per i dati sull’inflazione e le azioni della Federal Reserve sembra solo crescere. Al senso di disagio tra i trader di azioni si è aggiunta una serie mista di risultati trimestrali delle grandi banche che hanno dato il via alla stagione degli utili.

Il VIX è stato scambiato sopra i 30 per sette sessioni consecutive, mentre l’indice della volatilità del mercato obbligazionario ha superato il massimo del covid.

Il report del CPI di settembre

L’inflazione headline è aumentata dell’8,2% su base annuale a settembre, rimanendo al di sopra dell’8% per il settimo mese consecutivo. L’aumento dei prezzi del cibo e degli affitti hanno compensato il calo dei prezzi della benzina.

Il core CPI è balzato al massimo degli ultimi 40 anni al 6,6%, superando le previsioni e dimostrando quanto l’inflazione degli Stati Uniti sia diventata profonda.

I costi del cibo sono aumentati del 13% rispetto a un anno fa, con prodotti come farina, biscotti, tacchino, frutta e verdura che hanno tutti registrato aumenti record.

L’affitto dello shelter e l’owner equivalent rent sono aumentati ciascuno dello 0,8% a settembre rispetto al mese precedente, il massimo dal 1990. Entrambe le misure hanno registrato un aumento record del 6,7% su base annua.

Escludendo l’affitto degli alloggi, il costo dei servizi è aumentato a un ritmo annuo record mentre quello dei beni è diminuito. Ciò dimostra che i consumatori sono di nuovo passati a preferire i servizi rispetto ai beni, una tendenza che era stata valida fino all’arrivo della pandemia.

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Le aspettative del mercato sui rialzi dei tassi

Dopo l’uscita dei dati sull’inflazione, il mercato ha iniziato a scontare due aumenti consecutivi dei tassi di 75 punti base alle prossime due riunioni del FOMC.

Il tasso sul contratto overnight index swap (OIS) di novembre è salito al 3,86%, oltre 75 punti base al di sopra del tasso attuale, mentre quello di dicembre è salito al 4,50%. Il mercato adesso sconta un tasso terminale più alto, con il contratto di marzo 2023 che ha toccato il 4,864%.

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Secondo gli ultimi commenti, i funzionari della Fed sono pronti ad aumentare i tassi più in alto del previsto. Il presidente della Fed di Kansas City Esther George ha affermato che il tasso terminale potrebbe dover arrivare più in alto del previsto per raffreddare i prezzi. Mary Daly della Fed di San Francisco ha dichiarato di essere favorevole ad aumentare i tassi a livelli restrittivi tra il 4,5% e il 5%.

Il dot plot del mese scorso ha mostrato che i membri del FOMC si aspettano tassi del 4,4% entro la fine dell’anno e del 4,6% l’anno prossimo, da un target range attuale del 3%-3,25%.

Il caos del Regno Unito

La scorsa settimana la Bank of England è stata costretta di nuovo ad intervenire nel mercato dei gilts, ampliando il suo programma di acquisto ai titoli di Stato indicizzati all’inflazione.

La BOE ha iniziato il programma di emergenza per arrestare il crollo storico dei gilts innescato dall’annuncio di tagli fiscali non finanziati da parte del nuovo governo.

Il governatore Andrew Bailey ha posto le basi per un’ulteriore pressione sugli asset del Regno Unito dopo aver avvertito i gestori di fondi pensione che il tempo per mettere a posto le loro posizioni di liquidità stava per scadere. Il programma di acquisto di obbligazioni, infatti, è terminato il venerdì della settimana appena conclusa come era previsto.

I fondi pensione britannici hanno scaricato attività per soddisfare le margin call e i loro problemi si stanno diffondendo nei mercati obbligazionari globali.

Negli Stati Uniti, le obbligazioni societarie investment grade sono in calo, mentre i premi per il rischio si sono ampliati. In Europa, i prestiti con leva raggruppati in obbligazioni note come collateralized loan obbligations (CLO) sono stati sotto pressione. Sembrerebbe che il più grande acquirente di CLO si sia ritirato dal mercato a causa dell’alta volatilità.

Un decennio di bassi tassi d’interesse ha portato gli investitori come i gestori di fondi pensione a fare un uso più aggressivo di derivati e della leva. Il rischio di questi comportamenti viene rivelato solo quando i rendimenti obbligazionari aumentano.

I problemi nel Regno Unito sono un problema che riguarda l’intero mondo sviluppato. Ci sono molte giurisdizioni con un’enorme industria dei fondi pensione. Un forte spostamento dei rendimenti potrebbe innescare dinamiche molto simili anche in altri paesi.

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